Radio Active 20068 L'ascolti in tutto il mondo
Il documentario prodotto da Martin Scorsese aggiunge altro materiale sui Fab Four, io di mio non posso aggiungere niente che non sia già stato detto, ma prendo la prima parte di quel nomignolo che gli hanno dato dove Fab sta per favolosi e voglio raccontarvi brevemente la storia di una favola moderna. Una storia dove non c’è posto per fate e streghe ed orchi, ma c’è ampio spazio per leggende metropolitane, ascese verticali al successo e dualismi che rompono l’incatesimo.
C’era una volta nell’oratorio della “St Peter Church” una chiesa di Woolton alla periferia di Liverpool, dei ragazzi che formano una band per suonare musica diversa da quella che fino a quel momento si era sentita. Considerate che mentre in Italia si ascoltava Tony Renis e Rita Pavone, loro stavano per rivoluzionare la musica. Così un quindicenne John Winston Lennon insieme al suo amico George Harrison, danno vita alla “Quarrymen”, (la scuola di Lennon si chiamava Quarry Bank High School).
A dare conferma che l’unica cosa costante nella vita è il cambiamento il numero dei componenti varia: prima cinque, poi quattro, poi ancora quattro ma con un altro batterista (collocando così Pete Best come il musicista più sfortunato della storia della musica), insomma come nella matematica così anche nella vita, cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Nelle sale di quell’oratorio si unisce poi un altro ragazzo che aveva appena abdicato la tromba per passare alla chitarra. Paul McCarty. Si nota da subito un certo dualismo tra John e Paul, cosa che continuerà nel corso degli anni.
Cambiano nome più volte: Beatals, Silver Beats, Silver Beatles, fino ad arrivare all’effettivo The Beatles.
Dopo un inizio incerto fatto perlopiù di concerti nella città di Amburgo, tornano a Liverpool. Si aggiunge il definitivo batterista, Ringo Starr, in sostituzione dello sfortunato citato prima. Ma tornano mutati, il look è diverso, i vestiti ed il taglio di capelli sono frutto del consiglio di una ragazza: Astrid Kirchherr, fidanzata di uno di quei componenti (Stuart Sutcliffe che morì nel 1962 per emorragia cerebrale), lei frequentava la scuola d’arte ed una moda esistenzialista del tempo in quella città era il taglio di capelli “moptop” (moccio in testa) i capelli a caschetto. Look che si rivelò fortunato.
La loro storia fu fatta di scalate alle classifiche delle hit parade prima solo Britanniche, poi mondiali, di molti record, alcuni rimasti imbattuti per 60 anni, di medaglie dell’ordine dell’impero britannico ricevute a Buckingham Palace dalla regina in persona. Medaglia che fu poi restituita al mittente da Lennon una decina d’anni più tardi in segno di protesta per gli avvenimenti nel Biafra e contro la guerra del Vietnam, confermata invece a Paul McCartney nel 1997 conferendogli il titolo di Cavaliere dell’ordine dell’impero Britannico. Il che metteva il titolo di Sir davanti al nome.
I Beatles sono famosissimi in tutto il mondo e ne sono consapevoli.
John Lennon che osservava il mondo da dietro un paio di occhiali tondi presi sul set di un film dove aveva recitato poco prima, vedeva tutto questo ed arrivò addirittura a dire che i Beatles erano più famosi di Gesù Cristo. Immaginerete che gli incendiari di ogni tempo non potevano lasciarsi scappare questa occasione, così come i loro predecessori che bruciavano i libri nelle piazze, in alcune zone degli Usa si bruciavano i dischi dei Beatles.
La loro carriera è durata una decina d’anni, il concerto sul tetto degli studi musicali Apple Corps al n° 3 di Savile Row è la loro ultima apparizione in pubblico tutti insieme. C’è una leggenda metropolitana la “PID” Paul is dead, che vuole che Paul McCartney sia morto il 9/11/1967 in un incidente d’auto e che il suo posto sia stato preso da un sosia, complottisti e terrapiattisti esistevano già allora, e cercarono (ma lo fanno ancora) di far coincidere a forza vari indizi che compaiono qua e là, soprattutto riguardo alla copertina di Abbey Road. Dove Paul era l’unico scalzo, sigaretta nella mano destra mentre lui era mancino, la targa della macchina parcheggiata e via via ad libitum.
Purtroppo, come in ogni favola (che tra l’altro le chiamavano favole ma a pensarci bene avevano tutte un che di spaventoso non trovate?) c’è la parte sanguinosa. Un loro brano Helter Skelter è addirittura additato come antesignano dell’heavy metal (chissà cosa ne pensa il nostro Metallanza) ed è tristemente associato alla strage nella villa di Roman Polansky, compiuto dalla banda di Charles Manson.
A questo punto dovrebbe arrivare un principe o una principessa per la famosa ultima riga delle favole il “ e tutti vissero felici e contenti” e arriva. Non esattamente una principessa, lo era sicuramente per John Lennon ma non lo era di certo per gli altri. L’artista Yoko Ono, conosciuta New York cominciava ad essere sempre più presente. Lennon Formò addirittura la “Plastic Ono Band” portata avanti in parallelo nell’ultimo periodo di convivenza.
I vari tentativi di reunion furono interrotti dall’assassinio di John Lennon 8/12/1980
Brani successivi tentano di far rivivere il mito con voci campionate come “Free as Bird” e inediti ancora escono e chissà cosa ci aspetterà ancora, forse per il finale della storia, per l’ultima riga delle favole c’è ancora da aspettare. Ma il “E tutti vissero felici e contenti” ci è già stato tolto da quel folle omicidio l’otto dicembre del 1980, togliendo dalla storia della musica un’artista che sicuramente ci avrebbe regalato ancora molti grandissimi brani.
– Garavini Daniele –
Scritto da: Rossella Rosselli
Beatles '64 Radio Active 20068 speciale storia dei Beatles The Beatles
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